Il castello e le mura
XII-XII secolo
La fortezza di Castelfranco Veneto fu edificata tra la fine del XII e i primi decenni del XIII secolo, poco a nord dell’antico villaggio della Pieve Nova (oggi Borgo Pieve).
La ragione della costruzione del castello ad opera dei trevigiani non derivò dalla volontà di colonizzare un'area da tempo diffusamente insediata e strutturata in una fitta rete di villaggi, pievi, cappelle rurali e castelli. I motivi erano piuttosto di tipo strategico: costruire un avamposto militare, presidiare un confine crocevia di importanti vie di comunicazione, contrastare l'espansionismo padovano e controllare le giurisdizioni feudali dei Camposampiero, dei da Romano e dei Tempesta.
La risposta di Padova non si fece attendere a lungo, dato che nel 1220, sulla riva opposta del fiume Muson, iniziò la costruzione di Cittadella e del suo castello. Dunque, Treviso comprò con denaro pubblico e privato diversi ettari di terra sui quali poter erigere la fortezza, scavare fossati, predisporre opere difensive, estrarre sabbia e ghiaia, ma soprattutto disporre di terre da infeudare. Gli assegnatari dei lotti di terreno edificabile fuori e dentro le mura erano affrancati dal pagamento di imposte e di dazi in cambio del servizio armato. Di qui nacque la denominazione Castelfranco, mentre l'aggettivo Veneto fu aggiunto, per decreto Regio, il 10 novembre 1867.
La costruzione di Castelfranco sconvolse gli equilibri feudali di tutta l'area. Infatti, il potere temporale del vescovo di Treviso subì un colpo mortale nei primi decenni del XIII secolo: i castelli di Resana, di Riese, di Salvatronda furono dismessi e poi distrutti o venduti. Analoga sorte subirono i castelli dei da Romano a Godego e più tardi dei Tempesta a Brusaporco. Resistette per qualche tempo il castello di Treville dei Camposampiero, raso al suolo solo nel 1343 per ordine della Repubblica di Venezia, nell'intento di rimuovere ogni possibile turbativa intorno al caposaldo di Castelfranco.
A questo contraccolpo non sfuggì neppure la chiesa pievana di Santa Maria di Godego che diventò col tempo sempre meno importante, perdendo il proprio primato territoriale. La località per la costruzione di un sistema difensivo efficace fu scelta probabilmente perché il castello sarebbe sorto vicino al Muson, ottimo baluardo naturale e all’incrocio di due importanti vie: la Postumia, costruita dai romani nel 148 a.C. per collegare Aquileia a Genova, e l’Aurelia del 74 a.C. lungo l’asse Asolo-Padova. Infine, anche se non esistono documenti che possano darci una certezza dell'utilizzo del territorio di Castelfranco in epoca romana, non si può escludere che la fortificazione sia stata edificata su un precedente terrapieno artificiale su cui era stato eretto un accampamento, del tutto simile, per dimensioni del perimetro e per orientamento, alle Motte di Castello di Godego-San Martino di Lupari.
Non esiste alcun documento che comprovi l'epoca esatta della costruzione e fondazione di Castelfranco. La tradizione storiografica colloca l'allestimento del manufatto tra il 1195 e il 1199, ma negli Statuti trevigiani si legge che il cantiere era in piena attività nel 1207 e ancora nel 1218.
Quello che è sicuro è che i lavori durarono per diversi decenni. Il castello è a pianta quadrilatera di circa 230 metri di lato, con mura prive di fondamenta (17x1,7 metri circa) che poggiano su un basamento.
I lavori furono diretti dal Conte Schenella di Collalto che vi impiegò circa 500 maestri muratori e 1000 manovali. Per prime furono innalzate le quattro torri d'angolo alte circa 35 metri sul piano di campagna esterno. Una quinta torre sovrastante le altre di 43 metri fu eretta a protezione della cosiddetta porta Trevisana o Porta Franca, sul ponte mediano delle mura orientali, cioè il lato rivolto verso la città fondatrice, Treviso. Questa torre, detta in seguito anche Torre davanti; per la sua collocazione sul versante di maggior sviluppo urbanistico di Castelfranco, o anche dell'Orologio collocato nel 1499, diventò il simbolo della città. Una sesta torre, a metà delle mura occidentali, proteggeva la porta di ingresso sul lato verso il castello di Treville e il borgo murato di Cittadella.
Quest'ultima porta e, in particolar modo, la porta Franca, furono oggetto di specifiche opere fortificatorie attribuite ad Ezzelino III da Romano (che aveva assunto, come vicario dell’imperatore Federico II, il controllo di Verona, Padova, Vicenza e Treviso e nelle cronache figura a Castelfranco nel 1246). Proprio a lui a pare si debba anche l'allestimento di una settima torre, detta Da morto, per la prossimità al cimitero della chiesa di San Liberale, situato fino al 1665 fuori dalle mura con accesso attraverso il Ponte dei morti, oggi ricostruito e ridenominato Ponte dei vivi. Successivamente si fabbricarono le mura e le piccole torri intermedie.
Alla morte di Ezzelino nel 1259, il castello tornò prima a Treviso, poi appartenne nel 1329 a Cangrande della Scala, signore di Verona. Dal dicembre del 1338 al 12 maggio 1797, pur con alcune interruzioni, fu della Repubblica di Venezia.
Il periodo di dominazione della signoria di Francesco da Carrara, signore di Padova, (1380-1388) è testimoniato sotto la volta della torre civica dal carro dipinto, simbolo di questa famiglia ed allegoricamente delle Virtù del buon governante. La fine della Repubblica veneziana vide alternarsi prima i francesi (1797), poi gli austriaci (1797-1805), quindi ancora i francesi (1805-1813), infine gli austriaci fino al 15 luglio 1866, quando entrarono le truppe italiane a Castelfranco.
La presenza austriaca portò all'eliminazione dei leoni in pietra (poi ricostruiti e ricollocati nel secolo successivo) e per poco anche alla demolizione delle mura e torri che sarebbero state rase al suolo se il Comune non avesse acquistato nel 1824 dal Demanio austriaco l’intera cinta muraria provvedendo in seguito ai necessari restauri.
Anche le Mura conobbero più fasi costruttive, individuabili nelle linee di contatto tra i diversi segmenti che le compongono. Esse sono costituite da due parti ben distinte e realizzate con tecniche differenti: una recente stima ha stabilito l’impiego di circa 2 milioni e 850 mila mattoni. Il camminamento di ronda, un tempo formato da passerelle lignee, fu sostituito da una struttura costituita su archetti impostati su mensoloni in pietra viva inseriti in rottura nella muratura per consentire il passaggio di due soldati anche in corsa.
Alle due torri Davanti e di Cittadella, corrispondevano altrettante porte con ponti levatoi, poi sostituiti con ponti in pietra nel XVI secolo: da ricordare quello della salata (poi, dal 1866, detto dello Statuto), perché qui si svolgeva il mercato della verdura. A metà delle mura di settentrione si apriva la porta Salomona, che immetteva sulla piazza del mercato tramite il ponte dei Beghi, sostituito dall'attuale nel XIX secolo.
Una passerella lignea, solo pedonale, il cosiddetto Ponte dei morti, collegava nei primi secoli il castello al Borgo Allocco, posto a meridione della fortezza. A protezione del Castello si allestì, nei primi tempi, un complesso sistema di opere di difesa disposto sui lati orientale e settentrionale, perché più esposti agli attacchi. Il primo apparato di protezione era rappresentato dall'alta scarpata del terrapieno; poi, in sequenza seguivano una siepe piantata con spine e rovi (fratta), un fossato ampio 20-25 metri e il Musonello, una roggia artificiale derivata dal torrente Muson.
Sul lato orientale fu collocato un allineamento di case (bastia) costruite fin dai primi anni del secolo XIII. Seguivano, infine, una spianata ed un secondo fossato esterno. Oggi, di questi apparati difensivi restano il fossato, ristretto nel XIX secolo, ed il terrapieno, dove oggi sono situati i giardini pubblici.